mercoledì 28 novembre 2007

al-Quds




Finalmente dopo quattro giorni che si cercava di organizzare di andare a Gerusalemme, oggi ci sono riuscito.
Sveglia prestissimo e bus di un’ora, ma poi … tante case bianche una vicino all’altra e sul fianco della montagna un cimitero enorme, il più grande, con una cupola d’oro sullo sfondo.
Dopo le ultime notizie uscite sui quotidiani, non era il periodo migliore per andare a visitare la Città Santa, ma o oggi o … quando ci torno in vacanza a Gerusalemme?!
Grande pecca, ma unico modo per visitarla nei tempi che avevo, è stato il fatto di organizzare tramite un’agenzia, ora vi spiego.





Il bello delle cose organizzate è il fatto di non dover attivare e smuovere quella poca segatura che abbiamo in testa, ma è solo quello il bello perché per il resto è tutto pessimo. “Italiani, dieci minuti e poi si va di la” “Gentlemen, non ci si può fermare, Jerusalem ha un sacco di cose da vedere, sbrigatevi che se no vi perdete”. Non so se mi sono spiegato, ma per essere più chiaro oggi ho fatto la maratona di Gerusalemme, non la visita alla Città Santa.









Comunque tutto molto, ma molto bello. Giri la città tra le raccomandazioni della guida, ma posi gli occhi su scorci di storia toccanti.
La maggior parte della città e delle vie è stata ricostruita o restaurata per via dell’usura e del “deterioramento”, quindi realmente non cammini sulle stesse pietre di centinaia di anni fa ma su sassolini giovani giovani che al solo toccarli fanno “aiah”, ma non preoccupatevi sono robusti.







Vedi la tomba del Re David, l’Abbazia della Dormiente, il Santo Sepolcro, il Giardino dei Getsemani, tutte cose molto interessanti, ma ci sono due cose che realmente sono toccanti, o almeno lo sono state per me; due cose verosimilmente semplici, il Muro del Pianto e il museo dell’Olocausto. Iniziamo dal primo, non vi racconto i tratti storici (anche perché io e la storia litighiamo di continuo, e vince sempre lei), ma ciò che ho visto e sentito. Il Muro del Pianto è un semplice muro, stuccato male e lasciato alla grazia delle erbacce, ma la gente lascia in custodia a quelle pietre (tanto importanti per quella città) i propri problemi, le proprie lacrime, i propri desideri, i propri sogni, le loro PREGHIERE.










Uomini e donne hanno due ingressi separati e gli uomini, o meglio chiunque si avvicini al Muro, deve indossare la Kippah (il copricapo indossato dagli ebrei maschi). La parte dedicata agli uomini è meno “pittoresca” rispetto a quella delle donne, ma oggi quello che mi ha colpito più di tutto è stata, guardando dall’altra parte del separé, una donna che piangeva e si disperava pregando, appoggiata al muro (mi dispiace, ma non sono riuscito a fare alcuna foto a quella donna). Io non sono un praticante, ma credo che per alcune persone nella fede risieda l’unico appiglio per restare in questo mondo così ostile. Ho scritto anch’io il mio biglietto e ripiegandolo più volte, l’ho incastrato tra le pietre …








Il Museo dell’Olocausto è ancora peggio. Attraversi queste sale, zizzagando per la lunghezza dell’edificio moderno e leggi dei fatti e ascolti le testimonianze delle persone che l’hanno vissuto davvero. La lingua ti si secca e il cuore rallenta, leggi e dapprima pensi che ben o male siano cose che sai o che hai già sentito, di come li trattavano, delle umiliazioni, delle deportazioni, ma poi? Beh poi arrivi alla sofferenza che ti viene sbattuta in faccia, non quella dei libri di scuola, ma quella vera, quella che solo persone che l’hanno vissuta possono raccontare.
C’era la lettera di una donna che era in “viaggio” in un camion per andare a Treblinka, erano tutte donne e lei aveva in braccio sua figlia, scriveva continuamente il nome della figlia e quello del marito, chiedeva di poterlo rivedere di poterlo riabbracciare, sapeva che stava andando a morire e che sarebbe morta anche sua figlia di due anni, ma era l’unico modo di gridare, quello di scrivere, nessuna l’avrebbe ascoltata, forse non ha neanche mai finito quel viaggio.
In quei camion che portavano ai treni e poi ai Campi, i fumi di scarico entravano nei cassoni e la gente con le unghie cercava di scalfire l’acciaio delle porte per trovare dell’aria. “La vita, voglio vivere … “ .
Non credo che nel mondo la cosa più importante sia la pace, ma la tolleranza e il rispetto reciproco.





Sono rientrato in albergo stanco, ma questa volta non erano le gambe a far male, ma il cuore e lo stomaco. Ricerco sempre qualcosa e non riesco mai a trovarlo, ma sono stupido perché dovrei rendermi conto che c’è ben altro d’importante e sono fortunato. Buona notte o buon giorno, ovunque voi siate.